Storia della CdP

SETTIGNANO ALL’INIZIO DEL SECOLO E NEL PERIODO FASCISTA

II cambiamento di ceto a Settignano, al quale oggi stiamo assistendo, è un processo che è iniziato, con forme e modi diversi, ma non molto dissimili da quelli attuali, fin dai primi del 1900.
Infatti è proprio in questo periodo che Settignano, centro di villeggiatura, date le proprie caratteristiche paesaggistiche, diventa residenza di campagna per la grossa borghesia cittadina.
Certamente il fenomeno non era esteso e non pesava sul paese come oggi in quanto a Settignano, pur essendoci presente questo tipo di fenomeno, la popolazione, comunque, era prevalentemente composta da artigiani, contadini, scultori, scalpellini, muratori etc.
Il paese dopo l’insediamento e l’inserimento della grossa borghesia cittadina si trova quasi diviso in due parti. Da una parte i padroni, la borghesia; dall’altra il ceto contadino, artigianale, operaio.
E’ evidente come questa divisione sociale porti di conseguenza anche la nascita e il formarsi di organizzazioni diverse. Per i padroni esiste quindi il “Circolo villeggianti” e il solo nome ci fa capire a quale ceto sociale esso si rivolgesse. Per gli operai ci sono il Partito Socialista, la Biblioteca Popolare, la “Mano Nera”. “Mano nera” fa pensare subito ad una associazione di tipo fascista ma in effetti non era così. Infatti questo nome si pensa che debba essere dovuto da un certo tipo di fumetti che si leggevano allora, ma più probabilmente, era un soprannome che fu dato dal “Circolo Villeggianti” in quanto “Mano Nera” per il suddetto circolo voleva significare l’operaio che si sporca le mani per far produrre le aziende dei padroni. C’erano inoltre due Cooperative apolitiche che in un secondo tempo si fusero insieme e la Filodrammatica che rappresentava anche qualche opera con un certo significato culturale e politico.
Questi erano, agli inizi del secolo e alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, gli organismi sui quali si imperniava la vita politica e sociale a Settignano.
L’entrata in guerra dell’Italia e la successiva vittoria avevano portato il Paese verso una grave crisi economica e politica. Infatti la guerra aveva lasciato la Nazione con un apparato produttivo al quale bisognavano capitali per essere riconvertito ad una economia di pace, con impianti invecchiati, con una ridotta produzione agricola.
I gravi problemi insoluti all’inizio della guerra erano andati via via ingigantendosi. I prezzi aumentavano in maniera vertiginosa, mancava il lavoro e i reduci che chiedevano di essere reinseriti nel processo produttivo non trovavano più il posto che avevano lasciato. I negozi che in alcuni centri urbani venivano saccheggiati da persone esasperate erano una conseguenza di questa situazione grave e drammatica che si era andata creando nel Paese.
Ma al di là del momento istintivo e spontaneo come i saccheggi dei negozi, la classe operaia e contadina, che aveva pagato più di tutti la guerra con enorme contributo di vite umane e che ancora stava pagando più di tutti per la crisi economica, si andava via via organizzando.
Infatti fu soprattutto in questo periodo che nacquero, come primo momento alternativo, ovunque consorzi e cooperative e le società di “Mutuo Soccorso” (S.M.S.) per fronteggiare una situazione che lo Stato non era in grado di controllare. Era in questo clima teso e difficile che si andavano sviluppando le lotte operaie e crescevano intorno al P.S.I. iscritti e consensi elettorali, ma al tempo stesso diveniva sempre più evidente l’incapacità del P.S.I di guidare il movimento, in una situazione che per molti aspetti si faceva rivoluzionaria. Non vi era coscienza, nel Partito, del modo in cui andavano posti i problemi della lotta. Sfuggivano alla sua comprensione questioni decisive come l’alleanza con i contadini e non era chiaro il rapporto tra rivendicazioni immediate, riforme e conquista del
potere.
Il Partito era diviso in Massimalisti e Riformisti: i primi smarrivano nell’estremismo parolaio la capacità di individuare obbiettivi concreti di lotta e quindi di tracciare in modo effettivo la linea da seguire per portare al potere la classe operaia, i secondi limitavano l’azione agli obbiettivi immediati e non coglievano il rapporto fra questi e l’obbiettivo politico più generale del potere e trascinavano così il movimento al seguito della borghesia.
Negli uni e negli altri era evidente l’incapacità di assumere una posizione precisa quando la lotta giungeva a momenti decisivi.
Nel movimento operaio intanto, si cominciava a sentire l’influenza della Rivoluzione russa. Di essa, in realtà, delle forme concrete in cui si sviluppava si sapeva poco, ma il movimento operaio intuiva che si era compiuta in Russia, nell’ottobre del 1917, una svolta decisiva per tutto il movimento e. per la situazione mondiale, tale da far maturare anche in Italia la questione del potere dei lavoratori.
La Rivoluzione russa, la divisione e l’incapacità da cui era colpito il P.S.I. determinarono il formarsi di una corrente comunista che si costituì in partito dopo che al Congresso di Livorno i massimalisti non avevano accettato di espellere dal P.S.I i riformisti, anche se, in realtà, lo scontro dei comunisti con i massimalisti non era che l’espressione ultima e più esterna di tutto un modo diverso di concepire la lotta rivoluzionaria, il partito della classe operaia, d’intendere il marxismo e gli insegnamenti che la Rivoluzione in Russia aveva fornito.
Comunque il P.C. d’I. non era più in grado di una nuova spinta rivoluzionaria, avendo anche una forte caratterizzazione settaria, essendo la corrente di più lunga prevalente quella di Bordiga e non quella dell’Ordine Nuovo e cioè di Gramsci, proprio nel momento in cui, il nemico principale era il fascismo e contro di esso si sarebbe dovuto sviluppare e realizzare il più ampio schieramento possibile, guidato non più da un Partito incerto e diviso come il P.S.I. ma da una avanguardia coerentemente rivoluzionaria.
Certamente la divisione e l’incertezza del P.S.I. rappresentò il punto di avvio della reazione e favorì la nascita e l’insorgere del fascismo.
Il fascismo, nato in questa situazione di caos politico ed economico, ebbe all’inizio anche nelle masse proletarie un certo grado di credibilità in quanto alcune persone prive di una guida sicura, illuse di portare a termine un obbiettivo rivoluzionario, senza però essere preparate a farlo e confuse anche dal fatto che alcuni membri del fascismo avevano vissuto precedentemente una certa esperienza socialista, aderirono a questo movimento e divennero i fascisti proletari.
Anche a Settignano si ripercossero tutti quegli avvenimenti che si erano verificati a livello nazionale, infatti anche qui c’era gente che guardava agli avvenimenti che erano accaduti in Russia, con un certo interesse e con una certa fiducia, anche qui alcuni giovani che militavano nella F.G.S.I. passarono alla F.G.C.I e anche qui, purtroppo, si verificò quel passaggio al fascismo di alcune persone di estrazione popolare proprio par quei motivi che dicevamo prima,
Intanto il fascismo sì andava caratterizzando sempre più come l’arma degli agrari, degli industriali, dei commercianti, dei banchieri, cioè delle grandi forze economiche del Paese e insieme l’arma anche di quelle forze tradizionali dell’ordine, cioè della Chiesa, dell’esercito e quindi andava sempre più caratterizzandosi come arma anti-operaia e come arma antisocialista. Infatti le prime azioni del fascismo si indirizzarono con violenza contro quelle forme di democrazia che la classe operaia si era data, cioè i partiti, le Case del Popolo, le S.M.S, i Consorzi e le Cooperative che erano sorte come momento alternativo in una situazione che lo Stato non era in grado di controllare.
Il fascismo tolse tutti questi organismi di democrazia e anche la vita democratica di Settignano venne soppressa. Rimasero solo l’Università Popolare che sotto il fascismo divenne la Biblioteca Popolare e la Cooperativa, che naturalmente per sopravvivere dovevano obbedire al fascismo.
Cominciarono anche le persecuzioni contro i democratici e diverse persone solo perché erano comunisti o socialisti o semplicemente perché erano contrari al fascismo vennero imprigionate o mandate al confino.
Settignano rispose a questo stato di cose e al fascismo col “Soccorso Rosso”. Questo “Soccorso Rosso” consisteva in aiuti finanziari distribuiti alle famiglie bisognose e che avevano qualche familiare in prigione. Si tenevano delle riunioni con la massima segretezza e si raccoglievano i soldi fra tutti i compagni e si faceva un fondo cassa. Quando si sapeva che qualche famiglia di compagni stava finanziariamente male si distribuivano questi soldi per tirare avanti .
Da questo si può vedere che se i fascisti non dormivano, neanche il paese si era adagiato in questo stato di cose.
I Settignanesi democratici reagivano al fascismo con tutti i mezzi clandestini a loro disposizione lo si vide chiaramente quando, finita la Seconda Guerra Mondiale, si poté uscire allo scoperto.


Agosto 1944. Un momento della Liberazione di Settignano.


Agosto 1944. Altri momenti della liberazione di Settignano.


Agosto 1944. Partecipazione popolare per la Liberazione di Settignano.

Si ebbero le prime assemblee chiamate allora riunioni di popolo, dove gli assenti si contavano sulle dita e dove tuttavia non tutti gli intervenuti parlavano e portavano il loro contributo sia come indirizzo politico che come organizzazione pratica da dare alla Casa del Popolo poiché era quasi insormontabile la difficoltà di ricominciare a parlare dopo vent’anni di silenzio. Le assemblee dell’epoca rivelavano la volontà di molti soci di acquistare dei locali dove fare la sede della Casa del Popolo.
Sempre in questo periodo si apprendeva che il Governo si sarebbe impossessato dei beni del fascismo e quindi si pensò di acquistare la ex Casa del fascio e si promosse subito un Comitato di Ricostruzione che doveva provvedere a trovare i fondi necessari per l’acquisto (L.300.000 circa).
Si discusse molto sullo statuto che doveva darsi la Casa del Popolo.e si arrivò quindi alla stesura dello statuto stesso che dette, come suo primo modo di essere, tutto il potere decisionale all’assemblea dei soci. Proprio per rendere semplice e acquisibile a tutti i soci come doveva essere gestita la Casa del Popolo, in quel periodo, durante le assemblee, si riportava spesso questo tipo di schema:

  1. ASSEMBLEA DEI SOCI
  2. Consiglio, Direttivo
  3. Attività della Casa del popolo sia a livello culturale che amministrativo.

Il Consiglio viene eletto tramite elezioni dirette.

DAL 1946 AL 1955

L'8 Aprile 1946 segna la rinascita della Casa del Popolo, organo fondamentale, proiettato nel futuro della vita democratica paesana.
Gli anni trascorsi di duri sacrifici non hanno debilitato le coscienze, anzi sotto certi aspetti le hanno rafforzate. Ecco perché le grandi difficoltà a cui si va incontro per la gestione politica e amministrativa della Casa del Popolo, sembrano doversi diminuire dietro la spinta rinnovatrice e di rinascita.
Si procede immediatamente a ritornare in possesso dei locali, ora ridotti a poco più di un cumulo di macerie, dell’ex Casa del Fascio, tramite atti legali con l’Intendenza di Finanza, organismo statale depositario di tutti i beni del passato regime.
La data del 24/7/1946 non segnò solo il rientro in possesso della Casa del Popolo ma il primo momento di mobilitazione alla ricostruzione anche materiale delle mura.
Il primo appello lanciato ai Settignanesi diceva che ognuno poteva dare il proprio contributo: o a mezzo di prestazioni in giornate lavorative, o sottoscrivendo quote settimanali o mensili al fine di rimettere insieme le somme necessario a far fronte agli impegni presi.
Solo queste erano le fonti su cui si poteva contare perché nessun altro mezzo nazionale o straniero le avrebbe sostituite.
Questo è uno dei momenti senza dubbio più qualificanti di come un intero paese abbia risposto e corrisposto all’appello.
Si costituì un Comitato di Ricostruzione che inviava incaricati casa per casa a raccogliere fondi e, mensilmente, si rimettevano insieme cifre considerevoli, poiché tante erano le cose da fare.
Alcuni soci e cittadini settimanalmente versavano il loro contributo come se fosse una ritenuta della busta paga.
L’entusiasmo fu notevole: fin dal primo lavoro di smantellamento delle macerie, accomunando in opera fattiva soci e cittadini senza pregiudizi alla realizzazione di una struttura che sarebbe servita al paese intero.
Quel periodo non segnò solo una vita dinamica all’interno della Casa del Popolo, ma anche all’esterno perché la vita democratica procedeva a risanare la tirannia fascista.
Viva parte ebbero la Casa del Popolo con i suoi soci e i partiti democratici allo svolgimento del referendum istituzionale fra Monarchia e Repubblica, che culminò con il 2/6/1946 giorno della proclamazione dell’Italia repubblicana.
In questo periodo, oltre alla normale vita associativa organizzata attraverso le varie attività (sezione cacciatori, sezione sportiva, sezione filodrammatica, sezione culturale con annessa biblioteca) non si trascurava la riorganizzazione sociale del paese a cui fu data fondamentale importanza; prova ne è che il Comando Alleato affidò alla Casa del Popolo il compito di distribuire alle famiglie più bisognose aiuti e sovvenzioni.
Nella Casa del Popolo vi erano confluite forze di più diverse estrazioni: cattolica, socialista, comunista unite da un solo ideale democratico di gestione socializzata di un organismo quale la Casa del Popolo, pur nel rispetto dei propri ideali politici.
La consapevolezza del saper ben gestire strutture proprie fece pensare all’eventuale fusione con la Cooperativa di consumo, unendo così organismi popolari in una azione comune, tendente alla costruzione del benessere del popolo.

Successivamente la fusione non fu realizzata, in quanto pur essendo organismi paralleli erano diversi come funzione sociale: sopratutto politica quella della Casa del Popolo, essenzialmente commerciale quella della Cooperativa di Consumo.

Il contributo di tutti permise nel 1947 di rientrare in possesso del locale teatro e di acquistare un ulteriore appezzamento di terreno per allargare la pista all’aperto. La Casa del Popolo era quindi in una crisi di crescenza, ma l’impegno di tutti alleggeriva eventuali pericoli di questi atti.
Il 1 Gennaio 1948 entrò in vigore la Costituzione Repubblicana, documento che sta alla base della vita democratica, che prevede atti e scelte che il Governo dovrà fare per attuarla.
Ma le forze politiche che l’avevano promulgata unitariamente, si dividono e il 15 Maggio 1948 finisce il governo di coalizione di cui facevano parte il Partito Comunista e il Partito Socialista.
Questa divisione si ripercuote anche all’interno della Casa del popolo e, di conseguenza, le forze cattoliche si staccano adducendo motivi futili, non avendo ragioni all’interno dell’Associazione. Questi, successivamente, si organizzano con proprie strutture fondando un circolo all’interno della Parrocchia.
Il 1948 fu un momento di crisi in cui la Casa del popolo fece appello a tutte le proprie forze e, le più genuine, risposero alleviando impegni di carattere economico e di conduzione politica.
Si staccarono dalla Casa del Popolo anche alcune attività e a nulla valsero appelli di singoli soci in Assemblea che, fra l’altro, dicevano: “occorre fare blocco per risolvere i vari problemi che interessano il paese e dare alla future generazioni l’eredità del lavoro fin qui svolto unitariamente”.
II 28 Maggio 1949 si inaugurano i nuovi locali, ricostruiti con la partecipazione di tutti, e in una simpatica cerimonia si consegnarono le chiavi ai soci più anziani. Attorno agli anni ‘50 i problemi economici affliggevano la Casa del Popolo che chiamava i soci a versare le loro quote.
Forse questi problemi economici limitavano la visione globale della realtà del paese e dell’esigenza culturale degli stessi soci e della partecipazione della gioventù. Infatti, in questo periodo, c’è l’assenteismo dei giovani alla vita sociale, anche se i giovani non pensano solo al ballo e alle carte.
Forse non si è dato quello spazio necessario al naturale inserimento di forze giovani alla Direzione della Casa del Popolo. Forse anche la situazione politica italiana, ormai completamente legata alla politica U.S.A. - Patto Atlantico e, di conseguenza, l’inasprimento dei contrasti interni fra forze politiche diverse, crearono una situazione di rottura sopratutto nel periodo del governo Scelba, escludendo così ogni possibile rinnovo all’interno delle associazioni democratiche. Quindi il governo Scelba con la sua politica di restrizioni (chiusura del bar alle ore 11, divieto di attività dei partiti all’interno della Casa del Popolo, impedimento di feste popolari etc.) impedì il regolare accrescimento della Casa del Popolo.
Le cose peggiorarono con la nomina di un Commissario Governativo ali’E.N.A.L. (Ente che raggruppa tutti i circoli ricreativi) commettendo un atto antidemocratico e di pura strumentalizzazione dei Circoli Ricreativi con assoggettamento dall’alto della vita stessa.
Ne conseguì una restrizione della vita democratica della Casa del Popolo con nuovi problemi che venivano ad assommarsi ai già esistenti.
Gli appelli alla vigilanza e al controllo fecero tornare indietro la vita democratica, ma i soci risposero in pieno contribuendo con la loro presenza.
Nel 1955 arriva un grosso problema: la televisione.
Si provvede all’immediato acquisto dell’apparecchio e cominciarono subito discussioni sulla sua collocazione; chi lo desiderava in un locale chi in un altro.


28 maggio 1949. Particolari della inaugurazione della Casa del Popolo

DAL 1956 AD OGGI

L’inizio delle regolari trasmissioni televisive avvenne fra gli anni 1954/55; questo periodo segna l’inizio di uno dei più grandi e larghi consumi della nostra società. Trasmissioni come “Lascia o Raddoppia” polarizzarono l’interesse di milioni e milioni di spettatori per anni avendo come unico fine quello di propinare bassa cultura, distogliendo da interessi più reali ed attuali. Ne conseguì che l’italiano medio riceveva una falsa immagine dell’intellettuale, reputando così genio chi aveva solo lo scopo di essere “personaggio” per la televisione.
La televisione diventò così strumento della classe politica dominante per far circolare ad un numero sempre più vasto di persone ed in modo molto più comodo e più difetto la propria propaganda e quello che in ogni momento politico doveva essere rappresentato come fatto più importante o come situazione più interessante, determinando così scelte politiche ben precise, strumentalizzando in pieno un mezzo di comunicazione che sarebbe potuto servire in modo perfetto per la più vasta opera di culturalizzazione del popolo.
Le famiglie fecero poi la corsa ad acquistare la TV e potersela vedere da soli a casa propria.
Nel 1957 si costituì per mezzo delle Case del Popolo più democratiche l’A.R.C.I., organismo alternativo all’E.N.A.L., per gestire i circoli ricreativi; infinite difficoltà impedirono il normale svolgimento delle sue funzioni per ben 10 anni.
La necessità dell’economia italiana di espansione e di ricerca di nuovi mercati, portò l’industria italiana a produrre in misura sempre più larga, prodotti e generi di largo, medio e basso consumo, incrementando così la necessità di mano d’opera, favorendo l’occupazione, stabilendo un più alto livello di remunerazione operaia, ma soprattutto la propria sopravvivenza.
L’operaio medio italiano ricevette così da questo periodo un più alto tenore di vita, ma indubbiamente a proprie spese. Infatti nelle case si cominciò a sentire l’esigenza del frigorifero, della TV, più tardi della lavatrice e di ogni sorta di prodotti che lui produceva arricchendo il padrone, avendo così l’illusione di più alti guadagni, ma con un’esigenza in più: quella di consumare.
L’esempio più chiaro è forse quello dell’automobile: la FIAT produce la 600, poi la 500, autoveicoli quasi esclusivamente destinati alla classe operaia.
Vengono prodotti milioni di esemplari di tali utilitarie; fiorente mercato quindi per la FIAT, che distribuisce in tutta Italia il suo prodotto in modo da riceverne sempre maggiori guadagni (bisogno quindi dell’industria di espansione e ricerca di mercati).
L’operaio da parte sua è attratto dalla macchina. I giornali dei padroni, la TV, la pubblicità in genere gli insegnano tutte le comodità della piccola cilindrata (funzione della propaganda del padrone).
D’altra parte egli sta meglio, ha già il frigo e la TV, il lavoro in fabbrica non manca e con un’ora in più al giorno di lavoro egli riuscirà in 36 mesi ad avere la 500. Ecco come viene incrementato un fenomeno finora non eccessivamente spanto, quello dello straordinario.
Infatti è vero che il padrone, con una mano dà e con l’altra riprende. Così ogni lavoratore con il proprio sudore si è creato una piccola oasi di apparente comodità nella sua unica zona di comando, nella propria casa, nella propria famiglia.
Quindi lavorando di più, avendo in casa ogni sorta di comodità e soprattutto l’apparente presenza del mondo intero tramite la TV, non è sentito più, o almeno sta molto diminuendo, il bisogno di trovarsi con gli altri della propria classe.
La Casa del Popolo in questo momento attraversa il suo periodo di crisi. Infatti rimangono pochi coloro che sentono il bisogno della vita associativa e il bisogno del proprio luogo di ricreazione.
In questo periodo la funzione della Casa del Popolo sarà solo quella di tirare avanti e quindi la stasi politica e sociale è la più completa.

Il periodo politico-economico susseguente è quello della più squallida congiuntura, rivelando così gli errori della classe politica governante che non aveva saputo pianificare lo sviluppo nel campo economico. Per cui alla grossa crisi dell’industria derivata dal ristagno di mercato, avremo la chiara e seguente crisi economica della classe operaia, di conseguenza crisi economica della Casa del Popolo.
La crisi della Casa del Popolo politica-sociale-economica ha come inizio l’allontanarsi della classe operaia dalle proprie strutture, ma in questo periodo forse la crisi più acuta è quella del tempo libero.
Infatti dopo il boom economico l’operaio deve lavorare di più (fenomeno straordinario) per poter consumare di più, poi, nella congiuntura, il bisogno di lavorare di più per sopperire alla crisi.
Da qui stanchezza fisica, abulia, ritmi massacranti di produzione e forse anche illusioni distrutte, portarono alla completa sparizione del tempo libero.
Non esiste più momento culturale, politico o ricreativo, esiste solo momento di lavoro o momento di riposo fisico, per cui forse il più grosso danno alla classe operaia che viene da questo particolare periodo, è quello della distruzione dei pochi momenti dedicati alla propria personalità.
Nel 1967 venne riconosciuta l’A.R.C.I., ma già da qualche tempo all’interno della Casa del Popolo qualcosa cominciava a rinascere. Gruppi di giovani si cimentavano nella conduzione politica e sociale della Casa del Popolo, spinti dal bisogno di quella vita associativa e dalle realtà di quartiere che per anni erano state dimenticate. Così da una parte avemmo l’A.R.C.I. con nuove prospettive di sviluppo economico, sociale e politico, con proprie linee programmatiche e con una funzione alternativa alla cultura ufficiale. Dall’altra parte avemmo all’interno della Casa del Popolo il gruppo dei giovani attivisti pronti a portare avanti il discorso dell’A.R.C.I. come proprio.
Le linee politiche-sociali dell’A.R.C.I. si basano soprattutto sulla funzione che la Casa del Popolo deve assumere nella realtà politica e sociale in cui opera.
Da qui la necessità di costruirsi un proprio circuito alternativo di informazione (cinema, teatro, mezzi audiovisivi), da qui il bisogno di creare quadri preparati ad un discorso soprattutto politico con il quartiere, per far diventare la Casa del Popolo il punto catalizzante della vita di quartiere.
L’A.R.C.I. offre la possibilità di divenire il punto di forza della classe operaia accanto ai partiti democratici e ai sindacati, offre la possibilità di divenire organizzazione e non un movimento sparuto e isolato del popolo.
La Casa del Popolo di Settignano porta avanti in modo diremo onorevole questo discorso.
Si è visto per esempio su tutto il discorso del territorio di Settignano.
Infatti da anni a Settignano le ville stanno prendendo il posto delle case coloniche, delle case operaie, per cui abbiamo il fenomeno del cambiamento dei ceti. L’operaio, il contadino, lasciano il paese e al loro posto arrivano l’avvocato, il dottore, l’ingegnere con conseguente trasformazione politica del paese.
Per cui la battaglia che la Casa del Popolo conduce in tale realtà è molto dura, in quanto le persone suddette non sono certo dalla nostra parte.
In una simile realtà di quartiere è difficile portare avanti discorsi come la palestra autogestita, o il doposcuola, ma proprio da questo scontro, la Casa del Popolo diviene ogni giorno più forte e finalmente rappresenta veramente quello che dovrebbe essere “il Momento organizzativo, nel tempo libero, della classe operaia”.

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